La qualità degli eventi deve cambiare.

da | 10 Apr 2025 | Caleidoscopio, Public speaking, Strategia comunicativa

SCEGLI IL TUO RUOLO E COMINCIA A LEGGERE

Potrai leggere questo articolo
da tre punti di vista differenti

Scegli chi vorrai essere nella lettura di questo articolo!

ORGANIZZATORE
Chi deve avere cura di organizzare eventi adeguati al pubblico
ORATORE
Chi interverrà dal palco dell'evento
PUBBLICO
Chi vive l'evento da spettatore

Vuoi davvero che il tuo evento lasci il segno?

Allora inizia a trattare con rispetto chi ci lavora e chi ci partecipa.

In molti eventi – anche quelli più blasonati, affollati e redditizi – c’è un errore di fondo che continua a passare inosservato: l’organizzatore pensa prima al ritorno economico o d’immagine, e solo dopo (forse) a chi salirà sul palco e a chi ascolterà.

Il risultato?
Speaker lasciati a parlare in condizioni inaccettabili e pubblico trattato come se fosse un branco da gestire o da intrattenere a comando.

La voce sul palco non è un dettaglio

Gli speaker sono il cuore dell’evento. Non i gadget, non il food truck, non gli effetti speciali. Eppure spesso vengono convocati senza un vero contesto, senza briefing, senza supporto, senza alcuna attenzione alle condizioni in cui dovranno parlare.

Cosa succede allora?

  • Si parla in spazi rumorosi, con gente che passa, si distrae, chiacchiera.

  • Si ha pochissimo tempo, ma si pretende che si dica tutto.

  • Si chiede efficacia, ma non si forniscono strumenti.

È un paradosso: si vogliono contenuti d’impatto, ma si costruiscono palchi che mettono chi parla in difficoltà. Gli speaker non sono performer da spremere, né cartelloni pubblicitari. Sono professionisti che vanno messi in condizione di offrire qualcosa di valore.

Il pubblico non è una massa da accontentare

Non basta portare gente. Bisogna portare contenuti che valgano il tempo e l’attenzione di chi ascolta.
Il pubblico non è un gruppo da manipolare con musiche, luci e slogan. È fatto di persone attente, esigenti, capaci di distinguere una proposta seria da un pacchetto confezionato per i social.

E più si continuerà a trattare la platea come uno sciame da attirare con il rumore, più si abbasserà il livello. Più si rincorreranno solo i gusti del “pubblico di massa”, più si rinforzerà quella deriva verso contenuti vuoti, standardizzati, superficiali.

Chi organizza eventi oggi ha una responsabilità enorme: decidere se alimentare questa dinamica oppure offrire un’alternativa concreta, credibile, più alta.

Se organizzi eventi, chiediti questo:

  • Le persone che parlano sono state davvero preparate per quello specifico evento?

  • Hai previsto briefing personalizzati, supporto alla costruzione del contenuto, prove in loco?

  • Hai definito bene cosa vuoi che il pubblico porti a casa, oltre agli hashtag?

  • Hai curato lo spazio in cui si terranno gli speech? È realmente adatto all’ascolto?

  • Hai offerto un cachet adeguato? Un rimborso? Un riconoscimento per il lavoro che c’è dietro?

  • Stai creando un contenuto o stai solo vendendo visibilità?

Qualche consiglio pratico (che può davvero alzare il livello)

  1. Dichiara pubblicamente il tuo approccio.
    Dillo nella presentazione, nella call for speaker, nella comunicazione: “Questo evento supporta chi parla e valorizza il contenuto”. Fallo diventare un marchio di qualità. Le persone se lo ricorderanno.

  2. Stabilisci criteri chiari per chi sale sul palco.
    Non basta che una persona abbia seguito o notorietà. Chiediti: sa parlare al pubblico? Ha qualcosa da offrire oltre al proprio brand? Se non lo sa fare, aiutala a farlo.

  3. Offri spazi di parola davvero adatti.
    Non mettere uno speech in mezzo a un corridoio di passaggio o accanto a un DJ set. Cura l’ambiente. Riduci le interferenze. Aiuta il pubblico a restare concentrato.

  4. Progetta il ritmo dell’evento.
    Non riempire ogni slot. Lascia momenti di pausa, spazi per il confronto, occasioni per metabolizzare i contenuti. Una sequenza infinita di speech non è un evento, è un elenco.

  5. Paga chi parla.
    Offrire visibilità non è sufficiente. Se vuoi contenuti di qualità, devi riconoscerne il valore anche economicamente. Gli speaker non sono ospiti onorari, sono lavoratori.

  6. Assumi chi sa fare formazione alla scena.
    Non serve solo un presentatore carismatico. Serve chi aiuti gli speaker a trovare tono, ritmo, messaggio. Altrimenti il palco sarà un palco qualsiasi, e non un luogo che crea memoria.

  7. Distinguiti nel mercato.
    Vuoi davvero che il tuo evento diventi un riferimento? Fai in modo che pubblico e speaker dicano: “Finalmente un evento serio, dove mi sono sentito ascoltato e rispettato.”


Non stai solo organizzando un evento.

Stai decidendo cosa mettere nel tempo delle persone, nella memoria collettiva, nella scena pubblica.
Se punti solo all’estetica, al sold out, ai numeri, costruirai qualcosa che dura un giorno.
Se punti anche sulla qualità di chi parla e sull’intelligenza del pubblico, costruirai qualcosa che dura nel tempo.

E la differenza, alla lunga, si sentirà.

Fai lo speaker? Allora smetti di farti prendere in giro.

Parliamo chiaro: se ti invitano a parlare a un evento, non stai facendo un favore a nessuno. Stai lavorando. E come ogni lavoro, va pagato. No, non con “visibilità”, non con “networking”, non con un post su Instagram. Con soldi. Con rimborsi. Con informazioni. Con supporto tecnico vero.

Molti eventi – anche quelli di alto livello – trattano chi parla come un optional: zero briefing, zero allineamento, magari un rimborso viaggio (forfettario, se va bene) o un gettone simbolico, ma quasi mai entrambi. Nessun supporto per costruire l’intervento. Nessuna indicazione su chi sarà in sala, su che tono usare, su quale messaggio sarebbe utile trasmettere.

E tu, che fai? Accetti. Ringrazi. Ti arrangi. Ti costruisci il contenuto da solo, magari nella pausa pranzo o in treno. E poi ti presenti, dai il massimo, magari ricevi pure qualche applauso. Ma la verità è che hai regalato tempo, energia, competenze. Hai fatto comunicazione gratuita per un evento che spesso ha budget a sei zeri.

Smettila di comportarti da invitato. Comincia a comportarti da professionista.

Se sei stato chiamato a parlare, vuol dire che hai qualcosa da dire. E se hai qualcosa da dire, allora vale. E se vale, allora si paga.

Ma non basta il cachet. Serve rispetto. E il rispetto si traduce in cose molto concrete:

  1. Rimborso per spostamenti e permanenza. Non sei tu a doverci rimettere per lavorare.
  2. Compenso per la tua competenza. Se sali sul palco è perché porti valore. Non perché fai presenza.
  3. Briefing completo. Chi è il pubblico? Qual è il tono dell’evento? Quali sono i valori da rispettare?
  4. Supporto da parte di un professionista della comunicazione. Una figura che ti aiuti ad allineare contenuti, ritmo, linguaggio, intenzione. Perché non basta essere competenti: bisogna saper comunicare, e farlo in sintonia con chi ti ha chiamato.

L’organizzatore ha due responsabilità: verso di te, e verso il pubblico

Se chi organizza un evento non tratta con serietà chi sale sul palco, sta mancando di rispetto non solo a te, ma anche al pubblico.
Perché ogni persona in sala ha pagato – con denaro o con tempo – per ascoltare contenuti all’altezza. E quei contenuti dipendono da come viene messo in condizione lo speaker.

Un evento che pretende tutto da chi parla e non dà nulla in cambio, mentre spende cifre enormi per location, effetti scenici, catering e sponsor, sta usando due pesi e due misure. E non sta organizzando qualcosa “per tutti”: sta organizzando qualcosa per sé. Per la visibilità, per i numeri, per la vetrina.

E quando un evento serve solo chi lo organizza, diventa un’operazione autoreferenziale. Non è un’esperienza condivisa. Non è uno spazio di valore. È un contenitore vuoto, dove tutto è curato tranne ciò che conta di più: le parole dette, le idee trasmesse, il tempo speso ad ascoltare.


Come riconoscere gli eventi che fanno sul serio

Smettila di accettare inviti a occhi chiusi. Inizia a selezionare dove vai a parlare. Ecco alcuni segnali per capire se l’evento vale il tuo tempo:

  1. Ti contattano con largo anticipo e ti propongono un incontro di briefing.
  2. Ti offrono sia il rimborso spese che un compenso. Senza che tu debba chiederlo.
  3. Ti affiancano un professionista della comunicazione per lavorare insieme sull’intervento.
  4. Ti forniscono informazioni dettagliate sul pubblico, sul contesto, sugli altri speaker.
  5. Ti chiedono che attrezzatura ti serve, che stile userai, come valorizzare il tuo intervento.
  6. Pubblicizzano anche il lavoro preparatorio: mostrano che danno valore a chi sale sul palco.
  7. Capisci già dal programma che non stanno cercando solo “nomi”, ma contenuti.

E se non trovi tutto questo?

Puoi sempre:

  • Chiedere. Domanda che tipo di supporto offrono, come viene gestita la preparazione. Le risposte saranno molto rivelatrici.
  • Proporre tu un approccio professionale. Spiega che non sali su un palco senza un minimo di preparazione condivisa. Vedrai subito chi è interessato davvero al contenuto e chi solo alla forma.
  • Dire no. Sì, si può dire di no. Anche se è un evento famoso. Anche se ti dicono che “è un’occasione imperdibile”. Se non ti rispettano come speaker, non è un’occasione. È uno sfruttamento.

Il palco non è una concessione. È un incarico.

Essere invitati a parlare non è un premio. È una responsabilità. Porti la tua voce, il tuo lavoro, il tuo modo di vedere le cose. E rappresenti anche l’evento stesso.

Accettare di parlare senza strumenti, senza briefing, senza compenso, è come accettare di fare il medico senza cartella clinica, o il cuoco senza sapere per chi cucini. È improvvisazione. È tempo sprecato. È un’occasione buttata.

Pretendere serietà, allineamento, supporto e compenso non è vanità. È dignità professionale.


In conclusione

Se fai lo speaker:

  • Non accettare più eventi che ti trattano come un riempitivo.
  • Chiedi ciò che ti serve per lavorare bene.
  • Valorizza la tua presenza. Non regalarla.

E se stai cercando eventi dove il palco è preso sul serio, inizia a cercare quelli che investono anche su chi parla, per rispetto del pubblico che ascolterà. Un evento è un ponte tra chi organizza, chi parla e chi ascolta. Se manca il rispetto per una di queste tre parti, quel ponte non regge.

L’evento sei anche tu. E se non ti preparano, non ti allineano, non ti rispettano… non ti stanno invitando davvero. Ti stanno solo usando.

Non sei solo spettatore. Hai il diritto di chiedere di più.

In molti eventi, anche quelli più pubblicizzati, più costosi e ben confezionati, succede sempre la stessa cosa: tra un talk e l’altro, cala la tensione. Ti distrai. Ti annoi. Ti chiedi: “Perché sono qui?”

E no, non è colpa tua. È che il 90% degli interventi non è costruito per chi ascolta.

I contenuti magari ci sono. Ma la capacità di parlarne in modo efficace, no. E allora ti ritrovi ad ascoltare persone che dicono cose anche interessanti, ma in modo piatto, confuso, slegato dal senso dell’evento.

Tu hai pagato per esserci. È giusto che ti aspetti di più.


Hai pagato per ascoltare qualcosa che valesse il tempo. Non per riempire la giornata.

La verità è semplice: se chi parla non è preparato, il problema ricade su chi ascolta. Quindi su di te.
La tua attenzione viene sprecata. Il tuo tempo viene usato male.

E allora viene da chiedersi: perché si investe in tutto – luci, foto, scenografie, promo – ma non in chi dovrà parlare?

Perché non si fa un lavoro serio sulla costruzione dei contenuti? Sul tono giusto? Sulla relazione con il pubblico?


Non basta la grafica. Serve sostanza.

La cura estetica è importante, ma non basta. Un evento efficace non si misura dalle slide belle, ma da chi parla e da come lo fa.

Non basta ricevere le presentazioni in anticipo o farle controllare dall’IA. Serve una preparazione reale degli speaker. Serve briefing, prove, accompagnamento.

Se questo manca, il risultato è sempre lo stesso: interventi dimenticabili, scollegati, a volte inutili.

E tu, che stai ascoltando, meriti qualcosa di meglio.


Non basta il nome. Serve la qualità.

Molti eventi scelgono gli speaker in base ai follower o alla fama. Non a quello che sanno costruire per chi li ascolterà.

E allora ti trovi davanti a persone scelte per “fare numeri”, non per offrire qualcosa di utile. Il talk diventa vetrina. Il contenuto si perde.

Il pubblico si annoia. Ma tanto lo show è salvo.

Anche qui: se ti capita di annoiarti o uscire senza niente in mano, non sei tu a essere sbagliato. È l’evento a non aver pensato davvero al pubblico.


Chi sale sul palco deve essere preparato, supportato, e pagato.

C’è ancora un’idea pericolosa: che chi parla debba ringraziare per l’occasione. Anche se non è stato pagato, anche se ha dovuto prepararsi tutto da solo, anche se non ha avuto un confronto con l’organizzazione.

Risultato? Interventi lasciati al caso. Nessun allineamento. Nessuna cura. E chi ci rimette sei tu, che ascolti.

Se l’evento non mette nelle condizioni di parlare bene, nessuno potrà farlo davvero. E tu non riceverai quello che meriti.


Vuoi eventi migliori? Comincia a sceglierli meglio.

Se vuoi ascoltare contenuti degni del tuo tempo, comincia a scegliere eventi che fanno le cose seriamente.
Ecco qualche segnale concreto da cercare prima di iscriverti:

  • L’evento dichiara come prepara gli speaker (briefing, prove, accompagnamento, focus sul pubblico).

  • I talk hanno un tema preciso e coerente, non sono solo presentazioni slegate.

  • I nomi non sono solo “famosi”, ma presentati per quello che offriranno, non per chi sono.

  • C’è una direzione editoriale chiara, con un filo conduttore che si percepisce già dalla comunicazione.

  • Viene dichiarato esplicitamente che l’obiettivo non è solo “fare spettacolo”, ma trasmettere contenuti forti e ben costruiti.

E durante l’evento: ascolta. Guarda. Nota se chi parla è davvero in relazione con te o se sta solo “occupando il palco”.


Tu sei parte dell’evento. E hai il diritto di pretendere di più.

Il pubblico non è un elemento passivo. È parte attiva. È la ragione per cui l’evento esiste.

Se tu inizi a chiedere qualità, gli eventi cambieranno. Perché dovranno farlo.
Non per gentilezza, ma per rispetto.

Il tempo che dedichi non è scontato. L’attenzione che dai non è garantita. E la memoria che porti a casa dipende da quello che ricevi.

Non accontentarti del formato. Pretendi contenuto.
Non inseguire l’effetto wow. Pretendi valore.

La tua attenzione ha un prezzo. Ed è molto più alto di quello del biglietto.

Ora puoi rileggere questo articolo da un punto di vista differente:

Questo è un articolo CALEIDOSCOPIO

“E se il tuo punto di vista non fosse l’unico?” – Letture da prospettive diverse

Ogni evento è una verità spezzata: frammenti che cambiano forma a seconda di chi guarda.
Lo speaker vede una cosa.
L’organizzatore, un’altra.
Il pubblico, un’altra ancora.
E tu?

In questa rubrica, smontiamo l’illusione del punto di vista centrale.
Perché un evento non è ciò che accade, è ciò che succede a chi lo vive.

testo